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La protesi alla caviglia è di fatto una caviglia artificiale impiantata nei casi in cui la malattia artrosica determini la degenerazione irreversibile dell’articolazione. Oltre ad alleviare il dolore, permette il regolare movimento della caviglia. “L’intervento di impianto – spiega il Dr. Attilio Basile – è preso in considerazione nei casi in cui il paziente è afflitto da dolore severo e cronico, resistente ai trattamenti fisioterapici e medici, determinando la compromissione delle abituali funzioni. La procedura chirurgica può essere eseguita in anestesia loco-regionale. L’incisione viene effettuata anteriormente o lateralmente in base al tipo di protesi. Con strumentario di precisione si rimuove l’articolazione malata, permettendo l’inserimento delle componenti protesiche costituite da leghe metalliche e da un tipo di plastica molto resistente, il polietilene”.
Cosa succede dopo l’operazione?
“Viene applicato un tutore o una stecca rigida posteriore per 2-4 settimane. Durante questo periodo il paziente non può mettere peso sulla caviglia operata. Successivamente si segue un protocollo riabilitativo sotto la supervisione di terapista esperto”.
Quando non è possibile impiantare la protesi?
«È sconsigliata nei pazienti che presentano gravi deformità congenite od acquisite della caviglia e del piede. Spesso può essere necessario correggere tali situazioni prima dell’eventuale impianto. La procedura dovrebbe essere evitata in caso di infezione dell’osso, in presenza di neuropatie periferiche, vasculopatie periferiche e inadeguata o assente funzione muscolare.»
Esistono complicanze?
«Le più comuni sono possibili infezioni (si seguono precisi protocolli di profilassi antibiotica), formazione di coaguli nelle vene profonde della gamba che possono dar luogo ad embolie, disturbi della cicatrizzazione della ferita chirurgica»